🪦San Pietro in Vincoli
In seguito al grande caldo scoppiato a Torino nell'estate del 1776, il Re di Sardegna Vittorio Amedeo III, emanò disposizioni che vietavano l'uso malsano di sotterrare i morti nelle cisterne delle chiese o in cappelle private e stabiliva la costruzione di due cimiteri al di fuori delle mura cittadine : San Pietro in Vincoli e San Lazzaro.
La progettazione è affidata all’architetto Francesco Valeriano Dellala di Beinasco (1731-1805)
I torinesi soprannominarono San Pietro in Vincoli in " San Pe' di Coi", nella zona esistevano orti che fornivano il vicino mercato di Porta Palazzo, (i coi in dialetto piemontese sono i cavoli).
Si incominciò a chiamarlo " cimitero degli impiccati "quando un'area fuori dalle mura consacrate venne adibita alle sepolture dei suicidi, dei non battezzati e dei giustiziati che all'epoca venivano uccisi con l'impiccagione nella vicina Piazza ancora oggi chiamata "Rondò della Forca".
A Torino era in uso, quando qualcuno ti faceva andare fuori di testa urlargli dietro "Va 'n sla furca!" Vai sulla forca.
Il cimitero è di forma rettangolare, in stile neoclassico, la facciata esterna presenta capitelli con ghirlande e sul timpano è rappresentato l'angelo della morte.
All’interno sui lati del perimetro un porticato che ospitava le cripte delle famiglie nobili e benestanti, lo spazio centrale era adibito ad ossario e 44 pozzi per i corpi senza bara, le salme dell’Ospedale dei Pazzi, delle Orfane e dei fedeli di una decina di parrocchie urbane.
A rendere ancora più spettrale San Pietro in Vincoli, contribuì la disposizione regia che permetteva l’utilizzo dei cadaveri dei condannati per le lezioni di anatomia degli studenti della medico - chirurgia dell'epoca.
Al cimitero è legata la leggenda della " Dama Velata ", ma questa è un'altra storia che andrò a raccontarvi.
Il cimitero sconsacrato e chiuso, attualmente restaurato, ospita in estate spettacoli teatrali e musicali alternativi.
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